per un attimo ho avuto paura di essere sato troppo provocatorio, visto anche il silenzio che c'è stato dopo il mio ultimo post
beh, a quanto pare lo sono stato ma è belo vedere che la mai provocazione non abbia avuto un accento definitivo (anche perchè ad essere sincero mi auguro che un'ultima parola, in questo discorso, non si raggiunga in ogni caso)
riprendo dunque in mano il discorso: qual è il punto di partenza del mio topic?
... una presa di coscienza (da qui parte tutta la discussione) del proprio limite per poter avere più... empatia del limite altrui, o se preferite, perdonare se stessi per perdonare chi ci fa un torto (direi che l'esempio di Hitler, estremo, certo, ma indica in pieno questo lavoro)
ho voluto esprimermi in quei termini (da te sottolineati) in quanto termini terra terra, in un certo senso "già sentiti". diciamo che ho fatto una concessione, ma in realtà il "perdonare se stessi per poter perdonare gli altri" non è un lavoro da farsi, bensì un
sintomo o meglio un
risultato di un lavoro che ha altri connotati. e l'ho messo in grassetto nel quote, "empatia del limite altrui", comprensione (prendere con sè, in sè) del limite e dell'errore dell'altro come se potessi commetterlo io.
questo significa tantissime cose, secondo me: da un lato, un torto subito non ci induce a credere che noi non saremmo mai capaci di causare tali sofferenze (e viceversa anche disilludersi del fatto che il male, il nostro male che pur non volendolo abbiamo fatto, anche gli altri possono farlo (non come moralismo, ma come pace, cioè come coscienza del fatto che il nostro errore e il nostro limite non sono definitivi, non definiscono niente, non lucchettano la nostra anima); questa empatia di cui parlavo (che poi è solo una parte esigua di una proposta che può suonare etica in effetti ma che affonda le sue radici anche in un modo di guardare a se stessi molto meno moralistico e autolesionistico (sensi di colpa, rancore, testardaggine, etc..) e quindi più interessante di quanto l'odierna incosciente briglia sciolta sociale non insegni (infatti la nostra natura umana non ci porta ad imparare da noi un ordine morale giusto, semmai può portarci ad una progressiva inesorabile distruttività, nonchè autodistruzione, e un ordine sociale che neghi ai suoi figli un'educazione basata su termini quali verità, amore, rispetto, umanità ecc come il nostro si illude enormemente che il mondo possa in questo modo sopravvivere a se stesso, e il giornale di domani, quello di dopodomani, quello di ieri e ier l'altro possono dimostrarcelo ampiamente!).
ma mi sto dilungando troppo in parentesi e corollari.
perdono dicevamo. la mia proposta qui è che il perdono di se stessi per poter perdonare gli altri sia in realtà un "prodotto" di un lavoro precedente, un'empatia verso il limite umano
a livello universale (torno subito terra terra, don't worry)
cos'è successo dunque? ho forse rimpiazzato un'utopia (il perdono verso se stessi) con una ancora più enorme (empatia universale)? nient'affatto. la tua perplessità sul perdono (è questo il vero punto di partenza da cui vale la pena partire) è giustissima, perchè quando si parla di progetti\utopie pare che sul lato pratico non ci siano santi, e che magari l'unica "scusa" per credervi sia la fede. ma se, rimanendo nel caso specifico, il perdono è una cosa giusta, utile, segno di dignità umana (anche perchè senza di esso ci sarebbe solo guerra e caos e il nostro pianeta se la passerebbe peggio di quanto già non sia) allora è giusto essere perplessi sulla possibilità che esso possa esistere al contempo dentro e fuori di noi. qual è la strada? se ti sei fatto questa domanda vuol dire che hai già imboccato la strada giusta. la risposta, infatti, inizia nel porre insistentemente questa domanda, perchè essa stessa apre la strada.
la cosa allucinante è che questa stessa domanda non trova una risposta esauriente e definitiva, ma ci porta sempre un pezzo più in là, ancora più in là, e questa ineusastività sarà comunque una risposta ogni volta. questo non vuol dire che per la strada (dettaglio, non si è mai soli quando si intraprende un cammino, come è vero che io ora sto parlando a te, a voi, a chi c'è su questa discussione) non ci sia una bussola, un'ipotesi di risposta, ma per la strada, ad ogni passo, la nostra bussola, la nostra mappa, la nostra idea, perchè sia vera non trova mai una forma definitiva. ogni tanto compare qualche nuova glossa, qualche nuova affermazione che rafforzi, riformi, corregga il lavoro già fatto. non si faccia tuttavia l'errore ENORME di Zeno Cosini, di pensare che il bene sia una lanterna nel buio che indica la via per un tratto, per cui ti basta intraprenderla senza aver bisogno di portarla con te, ma anzi proseguendo per la strada che si è scoperta lasciandosi il lume alle spalle (scusate la citazione sveviana ma non ho saputo resistere)
tuttavia non c'è "utopia" (obiettivo), come "perdono" ed "empatia" di prima, che non sia strada, fatta di passi, di gesti, di pezzi di puzzle che pian piano si riassemblano.
in realtà l'esempio (nel quale, ammetto, mi sono perso) che ho qui spiluccato è una specie di "metodo"...
ipotesi di lavoro, che in realtà andrebbe perlopiù ampliato e portato su un campo molto più interessante ed empirico, quello della felicità dell'uomo.
per rimanere (forse, per quanto mi sono dilungato, dovrei dire "per tornare") in un terreno concreto, va detto che se vogliamo parlare di "cammino" verso
presunte utopie, senza una bussola non si va lontano. non sarò certo io a portare una bussola nelle vostre mani (come potete notare, aldilà del fatto che son quasi le 2 e mezza, io stesso mi perdo, e sfido ciascun lettore temerario a capirci niente di cosa ho scritto!!!), infatti io non sono nè tantomeno possiedo una bussola per la felicità, tuttavia la prima bussola si chiama
domanda, o anche desiderio, ed è su quella che vale la pena di insistere (e questo la nostra società non lo vuole). è nel momento stesso in cui presentiamo una risposta in un avvenimento che accade a noi in prima persona (come può essere questa discussione stessa se vogliamo) che il cammino inizia a farsi serio. e se io non avessi un maestro in cui ho presentito un'ipotesi e una risposta al tormento che ho avuto smorzato nel cuore per anni, ora non avrei nemmeno avuto motivo di buttare giu il topic di questa discussione.
Ho sottolineato la frase che mi ha fatto rivedere la discussione sotto un'altra ottica... pensavo che ci addentrassimo nella morale e nell'etica..invece qui abbracciamo un altro lato quello più strettamente legato alla sfera spirituale dell'individuo.
l'etica... siamo nel discorso di prima, l'etica e la morale sono accessori successivi ad un'educazione fondamentale senza la quale non c'è etica che regga. Vittorio Messori dice che la morale è nu cappotto da appendere al chiodo della fede, ma senza quel chiodo il cappotto va per terra.
PERDONARE... ma il perdono è dell'uomo o è di Dio?
Come puo' perdonare un uomo? In che misura puo' farlo?
Umanamente è il gesto più difficile da compiere!
è una carta che l'uomo può giocare, quando ce l'ha tra le sue mani, quando la sa usare, quando la può usare. è una comunanza tra l'uomo e Dio enorme, e se ci pensate anche l'amore lo è.
Il Male quando si fa, resta e segna l'individuo...anzi entrambi..chi compie il torto (male) e chi lo subisce...
Anzi vediamolo da un punto più vicino,più personale: quando subite un brutto torto (il male), dite: "va bè lo perdono"...ma lo si dice più per la ventata di buonismo che sta girando, che perchè lo si "sente" questo desiderio di perdono, in fondo al cuore dell'uomo il torto non viene dimenticato...
per cui mi chiedo sarà vero perdono?
qui direi che un esempio farebbe comodo...
Al catechismo mi hanno detto che solo se ami (il Bene) sei in grado di perdonare...ma mai come puo' perdonare Lui (il nostro Creatore = il Bene per eccellenza).
la buttavano un po' sull'astratto. a me viene in mente il film "The Passion" quando penso a quanto Dio sia l
'esempio più eclatante di perdono nei confronti dell'uomo (forse è un tasto dolente il film di Mel Gibson, ma porta una concretezza veramente enorme a quel fatto)
Anche se sinceramente mi piacerebbe abbracciare anche l'aspetto "filosofico" e "teologico" di bene e di male.
per come ho complicato el cose nell'incipit di questo post, penso di averlo fatto pure troppo (e secondo me anche molto male.... ma vabè, l'ora è tarda)
buonanotte... e scusate per il megapapiro che è venuto fuori e che sicuramente reintaserà la discussione!!!!
[Modificato da plato87 17/11/2007 02:50]